10 registi del cinema sperimentale e di avanguardia

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Fin dalla sua nascita, il cinema, come tutte le arti, ha sempre cercato di rompere gli schemi del passato e proiettarsi verso rappresentazioni sempre più innovative. Da Stan Brakhage a David Lynch, passando per la rabbia dei “giovani turchi” e l’universo onirico di Jodorowski, andiamo a scoprire, attraverso dieci figure fondamentali, come il cinema sperimentale ha tentato di spingersi sempre oltre i propri limiti, al di là della semplice rappresentazione.

1) Kenneth Anger

Fireworks (1953), Scorpio Rising ( 1965), Lucifer Rising (1972)

Dopo aver girato Fireworks, nel giardino di casa sua, a solo vent’anni,  fu accusato di oscenità per il contenuto omoerotico della pellicola. Dopo essere stato assolto, il regista americano non si è più fermato, spingendo la provocazione e lo sperimentalismo sempre un passo oltre il confine. Il satanismo e l’esoterismo sono i temi cardini della sua produzione, sempre contraddistinta da una forte cifra surrealista. E’ comunemente considerato il primo regista apertamente omosessuale della storia del cinema e, al di fuori del circuito “Undergound”, è conosciuto per aver scritto Hollywood Babylon, un libro sugli scandali e sulle storia più scabrose e scandalose della città degli angeli. E’ stato ospite della prima edizione del Lucca Film Festival.

2) Stan Brakhage

Window water baby moving (1959), The act of seeing with one’s own eyes (1971), Mothlight (1963).

Brakhage fu il primo regista a rifiutare davvero il linguaggio cinematografico. Egli stesso ha dichiarato che per lui fare cinema vuole dire “Documentare l’atto della vista”. Le sue pellicole non contengono persone, storie o narrazione, ma semplicemente una sovrapposizione di colori e di punti che si muovono senza uno scopo sullo schermo. Regista lisergico, coraggioso e visionario, Brakhage ha provato a raccontare la soggettività dell’occhio e del corpo umano, dell’impatto della luce o della tenebra su di esso, cercando di portare lo spettatore a reazioni viscerali, quasi animali, prima ancora che logiche. Per fare questo, per esempio, nel  documentario The act of seeing with one’s own eyes porta sullo schermo una serie di autopsie, all’interno di un obitorio, in religioso silenzio.

3) Luis Bunuel

Un chien andalou(1929), L’angelo sterminatore (1962), Il fascino discreto della borghesia (1972)

Co-autore del più famoso e audace cortometraggio della storia del cinema, Luis Bunuel cominciò la sua carriera nel movimento surrealista per poi passare ad un cinema di satira più contenuto e meno “scioccante”. Da sempre anticonformista e provocatore, il regista spagnolo vide le sue pellicole censurate più di una volta a partire da L’age d’Or, per la quale si mosse persino Franco.  È difficile pensare oggi ad un film surrealista che non risenta dell’influenza di questo eterno e inafferrabile artista, sulla quale figura, ancora oggi, aleggiano diverse leggende. Si dice che ai tempi della prima di Un chien andalou, Bunuel, convinto che la folla si sarebbe insorto contro di lui al termine della proiezione, si nascose dietro lo schermo con le tasche piene di pietre, pronto a lanciarle contro la folla per difendersi.

4) Jean Luc Godard

Fino all’ultimo respiro (1960), Questa è la mia vita (1962), Il bandito delle 11 (1965).

Amico ed eterno rivale di Truffaut, storico collaboratore de I Cahiers du cinéma, cinefilo appassionato e membro di punta de “I giovani turchi” e della Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard è unanimemente considerato uno dei registi più importanti della storia. Negli anni ’60 fu il simbolo di una grande rivoluzione cinematografica e critica, volta alla rottura del rapporto con i padri del cinema ed espressa sulle pagine dei Cahiers e nelle sue pellicole. Un nuovo tipo di montaggio e di narrazione, nella quale si riconosce la presenza di un spettatore e si interagisce con lui, come Anna Karina e Belmondo in Il bandito delle ore 11; una nuova idea di cinema, nella quale, citando Godard stesso:

Un film deve avere un inizio, uno svolgimento e una fine, ma non necessariamente in quest’ordine.

Dopo aver diretto decine di film, dagli anni ’60 ad oggi ed aver curato la gigantesca antologia cinematografica Histoire(s) du cinéma, il regista francese, nonostante i suoi ottantasette anni, non ha ancora intenzione di ritirarsi.

5) Alain-Robbe Grillet

L’anno scorso a Marienbad (sceneggiatore;1961), l’immortale(1963), Spostamenti progressivi del piacere (1974).

Regista, sceneggiatore e romanziere, Grillet è stato uno dei più visionari e coraggiosi autori della sua epoca. L’anno scorso a Marienbad, diretto dal grande Resnais, rimane la sua opera più importante e affascinante, provocatoria, misteriosa ed intricata. Un uomo e una donna si incontrano e cercano disperatamente di ricordarsi se si sono già incontrati o no, se hanno vissuto qualcosa insieme o no. Il tempo, l’intreccio, la realtà e la finzione si mischiano, provocando nello spettatore una sensazione di respiro surrealista, nella quale ci si perde e ci si sente di fronte ad un oggetto indecifrabile e, per certi versi, quasi frustrante. Una delle più grandi esperienze cinematografiche di sempre, a cui bisogna lasciarsi andare senza cercare di ricostruire logicamente una qualche soluzione. Una pellicola trent’anni avanti, incastonata nella storia del cinema per la perfetta sinergia tra l’abilità di regia di Resnais e il testo difficile e mai visto di Grillet.

6) Derek Jarman

The angelic conversation(1985), The last of England (1987), Blue(1993)

Fervido contestatore del governo della Tatcher, ateo e apertamente omosessuale, Derek jarman lasciò un segno indelebile nella scena underground, nonostante la prematura scomparsa, nel 1994, a soli cinquantadue anni. Attivo dal 1976 al 1993, il regista inglese ha realizzato più di cinquanta opere, fra corto e lungometraggi, spesso girando in Super 8mm. Grazie ad una spiccata propensione verso l’erotismo omosessuale, i suoi film sono diventati un cult fra e i cinefili ed un punto di riferimento per i giovani registi sperimentali delle nuove generazioni. Il suo ultimo film, Blue, consta di una singola inquadratura di un’ora e venti: uno schermo di colore blu, mentre il regista legge il suo diario e racconta le sue struggenti e strazianti esperienze legate all’AIDS che lo avrebbe presto ucciso. Uno dei più originali e personali film testamentari della storia del cinema.

7) Alejandro Jodorowski

Il paese incantato (1968), El topo (1970), La montagna sacra (1973).

Scrittore, fumettista, attore, regista, sceneggiatore, padre spirituale di Nicholas Winding Refn e celeberrimo lettore e studioso di tarocchi, “Jodo”, è semplicemente uno dei registi più indescrivibili della storia del cinema moderno.
Da sempre convinto dell’esistenza di forze sovrannaturali e mistiche, ha sempre raccontato di personaggi assurdi, alla ricerca di qualcosa di superiore, più grande di loro, come ne La montagna sacra; fabbricatore di immagini allucinogene e di esperienze soprannaturali, Jodorowski ha sempre cercato di portare lo spettatore dei suoi film o il lettore dei suoi libri, Psicomagia su tutti, al di là di se stesso, in un mondo magico e mistico. È stato applaudito all’ultimo festival di Cannes per Poesia sin fin.

8) David Lynch

Eraserhead (1977), Blue velvet (1986), Inland empire (2006).

David Lynch è il più famoso “Meditatore trascendentale” della terra, impegnato da diversi anni a diffondere questa tecnica nel mondo, ha anche tenuto una masterclass sull’argomento due anni fa al Lucca Film Festival. Uomo mite e normale, abile conversatore e grande appassionato di caffè, ha dichiarato di entrare, grazie alla meditazione, In acque profonde, trovandoci una dimensione alternativa alla nostra, dalla quale ha sempre attinto il materiale per le sue pellicole. Non chiedetegli il significato di nessuno dei suoi film, perché non ve lo dirà; per lui il cinema è una grande esperienza emotiva, nella quale ci si deve immergere e basta, senza cercare di decifrare significati che, forse, non conosce neanche lui.

9) Jonas Mekas

Walden (Diaries, Notes, and Sketches) (1969), Reminiscences of a Journey to Lithuania (1972), As I Was Moving Ahead Occasionally I Saw Brief Glimpses of Beauty (2000)

Mekas è stato uno degli ospiti di punta dell’edizione del Lucca film festival del 2008. È il fondatore di Film culture, uno dei più importanti magazines di cultura cinematografica degli Stati Uniti, viene considerato il pioniere della cultura “Avant Garde” americana, nonché uno dei punti di riferimento dei cineasti contemporanei. Nella sua produzione ha raccontato la sua terra madre, la Lituania, dalla quale è scappato per la minaccia di guerra negli anni ’60. As I Was Moving Ahead Occasionally I Saw Brief Glimpses Of Beauty, un lunghissimo documentario costituito da soli filmati della sua famiglia e della sua vita, commentati dalla voce fuori campo di Mekas stesso, è uno dei più commoventi esempi di vita quotidiana.

10) Gaspar Noè

Irréversible (2002), Enter the Void (2009), Love (2015)

Per comprendere chi sia Gaspar Noè basta sentire le sue esperienze sul set. La sua ossessione primaria è andare fuori dagli schemi e rompere tutte le regole che il cinema si è imposto dalla sua fondazione. Per uno dei suoi primi lavori, anziché ricostruire digitalmente la scena, scelse di riprendere davvero un parto, girando per Parigi cercando di convincere diverse donne a farlo entrare in sala operatorio per riprendere il tutto. Per il suo secondo lungometraggio Irréversible, che si svolge in modo opposto ad un film normale (il film comincia con la fine della storia e finisce con il suo inizio), nel quale una delle scene più importanti si svolge in un locale gay, per paura di rappresaglia da parte della comunità LGBT, decise di masturbarsi in scena, davanti alla telecamera. In Enter the void racconta la storia del viaggio dell’anima del protagonista, che muore dopo circa venti minuti di film, attraverso i suoi ricordi e le sue esperienze. Serve altro?