Marco Bellocchio, classe 1939, è oggi tra i registi più importanti del cinema italiano.
Emblema dell’anticonformismo, Leone d’Oro alla carriera nel 2011, ha al suo attivo ben 24 lungometraggi.
Qui te ne proponiamo 5 tra i suoi più significativi, da (ri)vedere.
- I pugni in tasca (1965)
Girato all’età di ventisei anni, è il suo lungometraggio d’esordio. Un esordio folgorante, che getta le basi per tutta la sua filmografia successiva. L’asfittico contesto familiare che fa da ambientazione al film – le vicende ruotano attorno a una madre cieca e ai suoi quattro figli – si rivela una bomba a orologeria, pronta a esplodere per distruggere dall’interno le perbenistiche convenzioni borghesi della famiglia stessa.
I pugni in tasca è oggi universalmente riconosciuto come un film manifesto di una generazione, quella sessantottina, e ha rappresentato un potente elemento di rottura nel panorama cinematografico di quegli anni.
- Diavolo in corpo (1986)
Come dichiara lo stesso Bellocchio, “C’è un film che divide il mio percorso in due: è Il diavolo in corpo. È stato una rivoluzione per me. Quella novità si è sviluppata poi attraverso altre ricerche e altri esperimenti e da lì, è vero, il mio lavoro è diventato più “accessibile””
Il film ha suscitato numerose polemiche, soprattutto per la presenza di scene erotiche molto esplicite, ma è anche il film che ha segnato l’inizio della collaborazione con lo psichiatra dell’analisi collettiva Massimo Fagioli, che molta parte avrà nella produzione di Bellocchio, almeno fino a un certo periodo.
Controversie a parte, è un film innovativo che ha costituito un punto di rottura nella filmografia del regista.
- L’ora di religione (2002)
Tornano al centro la famiglia borghese e la sua dissoluzione, ma non solo: quella che si profila nel film è una riflessione sul conflitto, sia esso tra il presente e il passato del protagonista Ernesto (interpretato da Sergio Castellitto, che collaborerà con Bellocchio anche in Il regista di matrimoni), sia esso tra il suo modo di essere e il modo in cui una società cattolica, perbenista e borghese vorrebbe che fosse.
Il lungometraggio conferma la vena di ricerca critica che percorre tutto il cinema di Bellocchio: un film di rottura, che affronta temi importanti mantenendo uno stile leggero.
- Buongiorno, Notte (2003)
La peculiarità di Buongiorno, notte sta nel trattare una vicenda storica come quella del rapimento di Aldo Moro senza farla vedere: sì, perché qui la vicenda è sviluppata attraverso il punto di vista di Chiara (Maya Sansa), che sovrappone al racconto della vicenda storica, politica e ideologica il racconto della sua esistenza quotidiana. Basato su un’alternanza di registri – tra cui spicca quello onirico – il film conferma l’originalità della voce di Bellocchio.
- Bella addormentata (2012)
“Viviamo in uno stato di dormiveglia. Questo ho voluto rappresentare. Bella addormentata in questo momento è soprattutto l’Italia”.
Questo il commento di Bellocchio sul suo film, che tratta, intrecciandoli, i temi dell’eutanasia, del cattolicesimo e della politica italiana, mai banalizzati ma sempre offerti allo spettatore in tutta la loro complessità.
Il caso di Eluana Englaro percorre in sottotraccia tutto il film, senza mai invaderlo: Bellocchio non crea un film a tesi, ma offre piuttosto spunti di riflessione per “risvegliare” un’Italia addormentata.