“Domani potresti essere tu quello ad essere profugo, oggi è lui, o lei”
Questa è una delle frasi che più ha colpito il pubblico presente a Berlino all’intervista del vincitore dell’Orso d’argento per il miglior regista, Aki Kaurismäki, in conclusione alla risposta su cosa volesse insegnare a chi guarda il suo film, “L’altro volto della speranza”, proiettato in anteprima al Lucca Film Festival ed Europa Cinema 2017 la scorsa primavera.
Purtroppo il cinema non ha una forza tale [da poter convincere gruppi estesi di persone a cambiare punto di vista], per cui ho provato ad obbligare tre spettatori, che magari vanno a vedere questo film, che siamo tutti uguali, siamo tutti umani
Kaurismäki è da sempre stato interessato alla situazione dei meno fortunati, con un approccio unico alle tematiche da lui affrontate, accompagnando gli eventi e lo sviluppo dei personaggi-uomini con un umorismo freddo, ma con al contempo una calorosa umanità – una commistione che i suoi attori chiamano Akiland, e la critica americana chiama “un gusto acquisito”.
Ma in base a cosa il regista sceglie i propri attori?
“Ovviamente, per il loro bell’aspetto” afferma, scherzando con l’attore Sakari Kuosmanen, interprete di uno dei protagonisti della pellicola “E per le loro capacità di recitazione. La macchina da presa può esserti amica o nemica: se sai recitare ti è amica, se non sai recitare ti è nemica”
“Islam-izzazione? Non vedo nessuna Island-izzazione” risponde ironizzando sulla domanda riguardo “l’islamizzazione d’Europa”
“Solo perché l’Islanda ha ottenuto un buon risultato nell’ambito calcistico, non significa che avverrà una Island-izzazione dell’Europa”
Un regista dunque impegnato nelle battaglie quotidiane di ognuno di noi, che crede nell’uomo e nella sua potenziale filantropia.
Noi del Lucca Film Festival non vediamo l’ora di vedere il suo prossimo film, ultimo della trilogia in corso, e di portarvi nuove notizie. Per ora, consigliamo caldamente la visione de L’altro volto della speranza, e vi lasciamo il link all’intervista berlinese: